La fucina del meraviglioso - Intervista a Maurizio Gioco

 La fucina del meraviglioso

L'arte di Maurizio Gioco

Intervista a cura di Camilla Ugolini Mecca

                                                                    
                                                         

Qualche volta cambiare tragitto, rispetto a quelli fin troppo noti, può far scoprire meraviglie. Mi ritengo fortunata perché è accaduto a me, in una giornata di marzo, mentre passeggiavo per le vie di Veronetta, un quartiere storico della bella Verona. Quel giorno mi sono ritrovata Via Mazza, davanti al civico 40. Una porticina verde, tre gradini, e davanti a me si è spalancato un luogo magico, in una penombra che lo rendeva quasi surreale, come fosse uscito da un’altra dimensione spazio-temporale. 

Lì, Maurizio Gioco - maestro burattinaio, artista e scrittore - mi ha condotta nel suo mondo multiforme, a scoprirne un po’ i misteri.


Gli ho proposto di raccontare, nell’intervista che segue, il suo percorso artistico e il suo rapporto con i burattini.

Maurizio, tu lavori con i burattini da molto, molto tempo. Non solo li animi negli spettacoli di “Teatro Giochetto” – da te fondato - ma li costruisci interamente, curandone ogni dettaglio. Al di là dello sguardo spesso superficiale con cui si tende ad osservarli, puoi spiegarci cosa rappresentano i burattini? A quale mondo storico ma anche simbolico fanno riferimento?

Mi sono avvicinato a questo mondo circa 40 anni fa. Il mio percorso formativo è stato vario e ho attraversato esperienze artistiche che vanno dalla pittura alla fotografia, alla copy art, al video sperimentale.  Con il tempo, queste conoscenze sono confluite nel mio teatro di figura, in cui il burattino diventa una sorta di “spugna”, che assorbe tutta una serie di interventi progettuali, artistici, artigianali, per poi arrivare alla performance, dove il personaggio incontra il pubblico in una sorta di rito che si fa sociale e condiviso. Il Burattino ha una sua storia, che affonda le sue origini nel teatro popolare e nel teatro viaggiante, e che per quanto riguarda il nostro territorio ha avuto la massima espressione nel XIX secolo. 

Oggi - accanto alle rappresentazioni legate alla tradizione portate avanti da eredi di famiglie storiche di burattinai - esistono espressioni teatrali innovative, nate dall’idea di attualizzare testi e personaggi ricorrendo anche a nuovi materiali e tecnologie - come il silicone, la termoplastica, ecc. - con cui le figure assumono talvolta aspetti iperrealistici. Per quel che mi riguarda, utilizzo ancora molto il legno. Intervenendo con tagli netti, le mie figure sono scomposte e i visi essenziali: in particolare tendo ad accentuare l’aspetto cromatico, ponendo attenzione anche al vestito, che diventa a volte raccoglitore di applicazioni ed effetti sonori legati ai movimenti del burattino. La carica comunicativa che assume la figura è in relazione ai tempi odierni e traduce la frantumazione della nostra società, la fragilità comunicativa di donne e uomini che anelano alla ricerca di una propria identità all’interno di un caos indistinto, che impedisce loro di distinguersi e affermarsi come individui.     

Tu non sei solo un maestro burattinaio: ogni spettacolo di burattini in realtà sembra essere l’approdo di un lungo percorso, che parte dalla elaborazione dei testi, dai disegni dei personaggi e delle scene, fino alla costruzione materiale di ciascun burattino che metti in scena. Puoi parlarci di questo processo?

I burattini non nascono certamente dal nulla, ma sono frutto di molteplici input, che si possono trovare nel nostro ambiente, in natura - come le radici e i legni - oppure che possono affiorare da un percorso di ricerca creativa. Quest’ultimo è un processo che ho intrapreso sin dagli anni Novanta e che richiede costanza, progettualità e sperimentazione. Le diverse discipline artistiche concorrono a ideare e poi creare il burattino che, per vivere, deve trovare un terreno fertile: la storia da rappresentare mediante un dialogo. Prima di scolpire il burattino, però, ne disegno la forma, l’abito e il contesto scenografico. 

Normalmente disegno visi trasfigurati che possono poi diventare i miei personaggi di legno. In questo modo, ho riempito numerosi album con la tecnica delle matite colorate e dell’acquerello, il mio preferito. Ricorro anche a tecniche alternative come l’utilizzo del caffè, e per il legno uso anche le patine per scarpe.

Hai ideato spettacoli di burattini rivolti non solo ai bambini, ma anche agli adulti, ispirandoti a testi di Gogol, di Shakespeare e anche a tuoi testi originali. Nell’immaginario collettivo, i burattini fanno parte del mondo infantile, ma ho sempre pensato che non sia così…

In passato, il teatro dei burattini non era indirizzato esclusivamente all’infanzia, ma in realtà parlava indistintamente a tutti. Metteva in scena accadimenti storici e fatti quotidiani. Era anche uno strumento di protesta e utilizzava la metafora per aggirare la censura e il controllo del potere. Io ho esordito con il teatro per bambini, ma dopo qualche anno - visto l’interesse degli adulti - ho pensato di scrivere nuovi copioni o rielaborare vecchi testi da proporre al pubblico dei più grandi. Sebbene siano richieste molto di più le rappresentazioni di carattere tradizionale - come quelle attinte dalla Commedia dell’Arte - mi piace inserire nella mia programmazione anche performance desunte da testi classici e letterari di varie epoche o di ispirazione storica – come “Antigone” di Sofocle, “Il cappotto” di Gogol, “I Briganti”, “I Recuperanti”. Negli ultimi anni ho privilegiato la stesura di dialoghi contemporanei su tematiche esistenziali, con l’uso di burattini particolari che ho chiamato “Volti dell’Essenza”.

Che spazio viene dato in Italia, e in particolare a Verona, alla cultura del burattino? Ci sono luoghi deputati dove se ne studia l’arte e la storia? E teatri appositi per mettere in scena gli spettacoli?

Ci sono territori storicamente più sensibili alla cultura del teatro dei burattini, come l’Emilia-Romagna dove da generazioni operano famiglie ‘burattinesche’ e, in particolare nella città di Faenza, c’è una scuola che promuove corsi di formazione per burattinai. Per quanto riguarda Verona, pur essendo presenti alcune realtà di teatro di figura, non esiste una particolare attenzione da parte delle istituzioni. Sarebbe auspicabile uno spazio dedicato, come ha fatto la città di Parma dove è stato istituito un luogo apposito chiamato “Il Castello dei Burattini” che contiene in particolare materiali della compagnia Ferrari. Sarebbe molto bello per la nostra città allestire uno spazio ‘vivo’, che non solo raccolga materiali di ieri e di oggi, ma sia soprattutto un luogo propositivo dove poter continuare questa importante tradizione teatrale. Personalmente ho legami e collaboro con alcune compagnie italiane, e faccio parte dell’Associazione UNIMA - Unione Internazionale della Marionetta - che è l’Organizzazione teatrale più antica del mondo: è presente in tutto il mondo con i suoi centri nazionali e ha come obiettivo la promozione e lo sviluppo delle Arti del Teatro di Figura.


Nato a Verona nel 1959, Maurizio Gioco ha iniziato a occuparsi di sperimentazione artistica negli anni Ottanta. Successivamente ha intrapreso percorsi di Video Art partecipando sin dagli anni Novanta a importanti festival nazionali. Ha condotto numerosi laboratori con bambini sviluppando, in particolare, il dialogo tra movimento corporeo e creatività. Queste esperienze lo hanno condotto al mondo del teatro, sia come progettazione- creazione dell’oggetto, sia come performance-rappresentazione. Il teatro d’oggetto e il teatro di figura sono stati i naturali contenitori in cui convogliare la sua espressività creativa che viene sintetizzata mediante l’utilizzo della narrazione. Nell’animazione l’oggetto prende vita e lo spettacolo può inoltrarsi lungo sentieri magici e inaspettati, creando con gli spettatori un dialogo empatico ed emotivo molto intenso. Dopo numerose esperienze in collaborazione, fonda un teatro dei burattini: il Teatro Giochetto. In questi ultimi anni ha affiancato al suo lavoro, una ricerca sul versante della scrittura, ponendosi come obiettivo la possibilità di sperimentare nuove drammaturgie per il teatro dei burattini.

www.teatrogiochetto.wordpress.com

 

 







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